Strumenti
Camera lucida
Lo strumento ottico chiamato camera lucida (light room, chambre claire) fu inventato da William Hyde Wollaston (1766-1828) nel 1806 e descritto l'anno successivo in un articolo apparso sul «Philosophical Magazine»(v. 27, n. 108, May 1807).
L'idea era stata sollecitata dal tentativo dell'autore di disegnare con un certo grado di fedeltà dei paesaggi di qualche interesse. Sapendo egli poco di disegno, la sua attenzione si spostò allora sulla ricerca di un mezzo che potesse facilitare l'atto del trasportare con precisione sulla carta le posizioni relative degli oggetti che si avevano di fronte.
Siamo sulla strada che avrebbe condotto alla scoperta della fotografia (1839). Un'esperienza analoga a quella di Wollaston spinse infatti qualche anno dopo William Henry Fox Talbot a cercare il modo di far sì che l'immagine fosse impressa sulla carta direttamente dalla luce (cfr. H. Fox Talbot, The Pencil of Nature, London 1844; e Larry J. Schaaf, Tracings of light. Sir John Herschel & the Camera Lucida, Drawings from the Graham Nash Collection, The Friends of Photography, San Francisco 1990). La camera lucida di Wollaston, basata sulle proprietà ottiche di un prisma quadrangolare, serviva ad eseguire disegni di paesaggi o di oggetti le cui immagini erano osservate in sovrapposizione al foglio. Guardando nell'apposita fessura si vedevano simultaneamente il foglio da disegno e l'immagine dell'oggetto da disegnare che vi giungeva attraverso una doppia riflessione. Lo strumento, corredato di un filtro azzurro per graduare la luminosità, era montato su un'asta telescopica inclinabile, che un morsetto permetteva di fissare al bordo del tavolo da lavoro. Per la semplicità e il poco spazio occupato esso era assai più comodo dell'ingombrante camera oscura.
Il difetto che Amici ravvisò nella camera lucida di Wollaston consisteva nell'alternato apparire e scomparire dell'immagine o della punta del lapis mentre si disegnava. Bastava infatti un piccolo movimento dell'occhio a toglierne la presenza dal campo, il che lasciava il disegnatore in una continua incertezza e stancava la vista anche di chi avesse pratica dello strumento.
Nell'autunno del 1815 fu acquistata a Parigi per uso del Gabinetto fisico dell'Università di Modena una camera lucida tipo Wollaston costruita da Dumotiez. Fu solo dopo aver veduto quella macchinetta ed averne discusso pregi e difetti con i Principi Massimiliano e Ferdinando d'Austria Este, che Amici pensò di migliorarla seguendo l'idea di una nuova costruzione che diede luogo a ben cinque diverse soluzioni: cfr. la memoria Sopra le camere lucide, letta da Amici alla Reale Accademia di Scienze, Lettere e Arti di Modena il 27 febbraio 1818 e pubblicata l'anno successivo negli «Opuscoli scientifici» di Bologna (scarica il pdf). A parte egli fece stampare su due fogli Alcuni avvertimenti per adoperare la camera lucida (scarica il pdf).
La quinta soluzione descritta risulta dalla combinazione di un prisma di vetro isoscele con un cristallo a facce parallele, rispetto alla cui superficie la base del prisma è inclinata 45° (Figg. 8 e 4). Questo modello, che egli portò con sé nel viaggio del 1817, riscosse un grande successo a Bologna, Firenze, Roma e Napoli, mostrando immediatamente la sua vocazione pratica. Se per un verso, intorno agli anni Venti dell'Ottocento, il suo impiego venne modificando radicalmente il rapporto dei paesaggisti con l'immagine, per un altro esso rivelò la sua capacità di rispondere alla nuova domanda di conformità percettiva fra rappresentazione e territorio nella produzione delle mappe (cfr. Erna Fiorentini, Nuovi punti di vista. Giacinto Gigante e la camera lucida a Napoli, in Pittura italiana nell'Ottocento, a cura di M. Hansmann e M. Seidel, Marsilio, Venezia 2005, pp. 535-557; e Vladimiro Valerio, Cartography, Art and Mimesis. The Imitation of Nature in Land Surveying in Eighteenth and Nineteenth Centuries, in E. Fiorentini, ed., Observing Nature - Representing Experience. The Osmotic Dynamics of Romanticism 1800-1850, Reimer, Berlin 2007. A Napoli esse furono particolarmente apprezzate dal Direttore del Reale Officio Topografico, Colonnello Ferdinando Visconti (cfr. A. Meschiari, Giovanni Battista Amici e il Reale Officio Topografico di Napoli. Corrispondenza con i Colonnelli Visconti, de Sauget, Melorio, «Physis», n. 1-2002, pp. 161-247). Il Libro de' conti del laboratorio registra la vendita di circa 270 di queste macchinette .
Fissata ad un anello d'ottone anziché all'asta telescopica, essa poteva facilmente applicarsi all'oculare di un cannocchiale terrestre o di un microscopio amiciano, il cui tubo ottico era tipicamente concepito in posizione orizzontale. I disegni che illustrano le osservazioni microscopiche di Amici sopra varie piante furono presi in questo modo. Con tale sussidio egli otteneva una rappresentazione fedele dei contorni dell'oggetto osservato e poteva al tempo stesso determinarne la grandezza reale, semplicemente dividendo quella dell'immagine disegnata per il numero che esprimeva l'ingrandimento dell'oculare adoperato.
Lo strumento qui riprodotto in fotografia per cortesia di Don Aronne Magni è conservato presso il Seminario Metropolitano di Modena.