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Meridiana iconantidiptica

Il termine iconantidiptico è composto dalle tre parole greche eikón (immagine), diptikés (doppio) e antiáo (vado incontro).

Amici aveva descritto un suo cannocchiale iconantidiptico, ideato per uno strumento dei passaggi, fin dal 1821 sul Tomo XIX delle «Memorie di Matematica e di Fisica della Società Italiana delle Scienze». Ma fu soltanto dopo aver visto a Berlino nell'agosto del 1844 presso l'astronomo Johann Franz Enke (1791-1865), direttore dell'Osservatorio berlinese, il Dipleidoscopio di Edward John Dent (1790-1853), costruttore inglese di cronometri, che quell'antica idea gli tornò alla mente, notando «che la meridiana del rinomato orologiaio di Londra poteva essere più solidamente e più vantaggiosamente fabbricata con un unico prisma isoscele di vetro. Il pensiero di servirsi di un prisma di vetro non era sfuggito all'illustre Astronomo prussiano; ma la Meridiana iconantidiptica. Disegnoposizione che egli aveva ideato di dare al suo prisma essendo diversa da quella che io intendeva, si era già accorto, con un semplice calcolo, che nel suo concetto non si sarebbe ottenuto un resultato preciso».

Amici dovette evidentemente elaborare la sua idea durante il viaggio di rientro in Italia, perché di una meridiana di sua invenzione egli parlò già nel settembre dello stesso 1844 alla Sesta Riunione degli Scienziati Italiani che si teneva a Milano. Fu però soltanto undici anni dopo, nel 1855, sollecitato da Carlo Matteucci e Raffaele Piria, che imprendevano la pubblicazione del primo numero della rivista, che Amici si decise a descrivere la sua Meridiana iconantidiptica per «Il Nuovo Cimento», Tomo I-1855, pp. 44-50 (scarica il pdf).

Il mio piccolo istrumento, che denomino Meridiana iconantidiptica, si compone (Tav. I. fig. 2) di un prisma triangolare di vetro ABCDE isoscele rettangolo in E. Dalla parte dell'angolo retto si colloca in una nicchia di ottone per circa la metà della sua grossezza, e vi resta stabilmente fissato con forte mastice. La base sporgente della nicchia si ferma con due viti sopra la sezione obbliqua di un cilindro di metallo GG, lungo il quale può montare o discendere un collare H portante un braccio I, intorno cui con un perno orizzontale ruota un piccolo cannocchiale acromatico L.

L'asse ottico del cannocchiale mettendosi prossimo e parallelo al piano della maggiore faccia ABCD, un segmento dell'obbiettivo resta coperto dal prisma che vi sta dirimpetto. Perciò la luce proveniente da un oggetto qualunque lontano arriva in due maniere diverse all'obbiettivo, cioè una parte di essa passa direttamente, e l'altra vi giunge dopo avere incontrato una riflessione interna sulla grande faccia del prisma. Per tal modo si producono nel cannocchiale due immagini dell'oggetto, ma fra loro opposte in guisa, che se un'immagine si muove da destra a sinistra, l'altra procede da sinistra a destra.

Meridiana iconantidiptica di AmiciSe venga adunque con idoneo mezzo situata nel piano del meridiano la faccia riflettente del prisma, e si diriga il cannocchiale al sole quando si approssima al suo passaggio, si vedono due immagini solari simmetriche che si corrono incontro per soprapporsi l'una all'altra, e poscia per separarsi allontanandosi a vicenda. Il momento della soprapposizione dei dischi sarebbe in questo caso il mezzodì vero, il quale si determina, come è noto, anche con maggiore precisione tenendo conto nell'osservazione degli istanti del contatto dei lembi del sole quando si attaccano e si distaccano.

Il pregio della meridiana di Amici, scrisse Edmondo Marianeschi, «è la precisione con cui può cogliersi l'istante del passaggio del sole al meridiano. [...] Al momento del contatto delle due immagini del sole si ha, nel punto di tangenza, la uniforme brusca comparsa di un punto luminoso che è il primo "germe" della lunula di sovrapposizione» (E. Marianeschi, La meridiana di Giov. Battista Amici (1786-1863, «Coelum», Periodico bimestrale per la divulgazione dell'astronomia, Bologna, Volume XXXIV, N. 7-8, luglio-agosto 1966, pp. 109-113).