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Cannocchiale iconantidiptico (1821)

«Il Cannocchiale Iconantidiptico dell'Amici è un apparato di molto utili applicazioni, col quale si hanno due immagini dello stesso oggetto; una formata dai raggi che traversano una metà dell'obiettivo e vanno direttamente al fuoco dell'oculare; l'altra da quelli che, dopo di avere traversato l'altra metà dell'obiettivo, prima di arrivare al fuoco dell'oculare, sono riflessi e refratti da un prisma isoscele situato nell'interno del tubo del cannocchiale con la sua faccia diseguale parallela all'asse ottico del cannocchiale stesso. Per tale ingegnosa disposizione le due immagini di un astro appariscono muoversi in una direzione opposta, e si sovrappongono l'una all'altra quando l'astro, in virtù del suo moto, viene a porsi precisamente sul prolungamento dell'asse ottico del cannocchiale. E quindi si ha il modo, senza bisogno di micrometri filari, di determinare la posizione precisa su cui trovansi gli astri in un determinato istante; cioè si ha il modo di risolvere il problema fondamentale dell'astronomia pratica. E a ciò si giunge senza illuminare, nelle osservazioni notturne, il campo del cannocchiale: lo che risulta di sommo vantaggio, quando si tratti di astri di luce molto fiacca, come appunto sono molti di quelli onde specialmente si occupa la moderna astronomia. Sullo stesso principio l'Amici costruì pure la sua Meridiana Iconantidiptica» (G. B. Donati, Elogio del Prof. Gio. Battista Amici, Cellini, Firenze 1865, p. 14).

Amici descrisse questo strumento nella Memoria del 1821 Sopra un cannocchiale iconantidiptico, pubblicata nelle «Memorie di Matematica e di Fisica della Società Italiana delle Scienze», Tomo XIX, pp. 113-120 (scarica il pdf ).


Cannocchiale acromatico senza lenti eseguito con un sol mezzo rifrangente (1821)

«L'Amici trovò il modo di costruire un cannocchiale acromatico senza lenti con una sola sostanza refringente. Fu condotto a questa costruzione dalla scoperta che egli fece di una proprietà della luce rifratta, la quale proprietà sebbene (come egli dimostra) sia una immediata conseguenza della teoria della rifrazione, non era stata osservata da alcuno prima di lui» (G. B. Donati, Elogio, cit., p.14).

Cannocchiale acromatico senza lenti eseguito con un sol mezzo refringente. DisegniIn eguali deviazioni dello spettro prodotte da disuguali deviazioni de' raggi sulle due faccie d'un prisma, gli spazj colorati sono maggiori quando è più grande la deviazione sulla faccia posteriore in confronto dell'anteriore, e ciò soltanto nel caso in cui il raggio incidente non abbia sofferto prima alcuna rifrazione. Che se il raggio incidente è stato prima rifratto da un prisma, allora in eguali deviazioni dello spettro prodotte da disuguali deviazioni sulle due faccie dell'ultimo prisma gli spazj colorati sono minori, quando è più grande la deviazione sulla faccia posteriore in confronto dell'anteriore
(G.B. Amici, Sulla costruzione di un cannocchiale acromatico...).

«Prendendo per base una tal legge da lui scoperta, l'Amici costruì un cannocchiale senza lenti, composto soltanto di quattro prismi a facce piane, tutti della medesima qualità di vetro, avente un ingrandimento di circa quattro volte, e perfettamente acromatico. E provò così che, senza adoperare due sostanze diversamente refringenti o dispersive, si potevano fino dai tempi di Newton, il quale fu di avviso contrario, costruire dei cannocchiali acromatici» (G. B. Donati, Elogio, cit., p. 15).

Lo strumento è descritto nella Memoria del 1821 Sulla costruzione di un cannocchiale acromatico senza lenti eseguito con un sol mezzo refringente, pubblicata nelle «Memorie di Matematica e di Fisica della Società Italiana delle Scienze», Tomo XIX, pp. 121-137 (scarica il pdf ).


Settore di riflessione a prismi (1822)

Nel settembre del 1820 il Barone Franz Xaver von Zach fece visita al laboratorio di Amici a Modena. Fra i diversi strumenti, la sua attenzione fu particolarmente attratta da una combinazione di due prismi di vetro isoscele, dal cui movimento si poteva misurare la distanza angolare di due oggetti lontani. L'intenzione che aveva guidato il costruttore era quella di offrire ai topografi e ai navigatori un piccolo strumento di comodo uso e di facile rettificazione con il quale si potessero misurare con un alto grado di precisione gli angoli anche oltre i 180 gradi (osservazione posteriore).

Settore di riflessione a prismi. Disegno da «Correspondance astronomique»Incoraggiato dall'ospite, Amici portò lo strumento a maggior perfezione e lo descrisse in una lettera del 3 luglio 1822 al Barone, il quale la pubblicò con il titolo Sur un nouvel instrument de réflexion nella «Correspondance astronomique», Sixième Volume, n. VI, 1822, pp. 554-560 (scarica il pdf). L'apprezzamento incontrato avrebbe suggerito qualche anno dopo ad Amici la realizzazione di un intero Circolo di riflessione a prismi.

Zach, che a Genova, nel maggio di quello stesso anno, insieme all'astronomo svizzero Johann Kaspar Horner (1774-1834) aveva potuto mettere alla prova lo strumento, ne parlò in termini molto lusinghieri in una lunga nota che fece seguire alla Lettre di Amici (scarica il pdf) .


Strumenti che servono a conoscere le situazioni parallele all'orizzonte (1837)

Oltre al livello galleggiante munito di cannocchiale galileiano (vedi Livello), Amici ideò altri strumenti per determinare il piano orizzontale e li descrisse nella Memoria Sopra alcuni Istrumenti che servono a conoscere le situazioni parallele all'Orizzonte, letta all'Accademia dei Georgofili il 5 marzo 1837, e pubblicata negli «Atti» della stessa, Volume XV-1837, pp. 129-136 (scarica il pdf ).

Il primo è un miglioramento introdotto nel livello che gli agrimensori adoprano per mettere orizzontali le tavolette pretoriane, consistente «in una lastra o riga piana di metallo sopra della quale viene fissato stabilmente un cannello di vetro che contiene lo spirito di vino e la bolla d'aria».

Una seconda specie di livello da lui immaginato

Strumenti che servono a conoscere le situazioni parallele all'orizzonte. Disegniconsiste in un solo prisma isoscele di vetro. Poggiando la faccia maggiore di questo sulla superficie del mercurio, il prisma si mette in equilibrio da se stesso, ed un raggio orizzontale proveniente da un oggetto, dopo essersi rifratto e riflesso nel prisma, esce parallelo alla prima direzione. Ora applicando l'occhio contro i raggi emergenti, e nel tempo stesso con parte della pupilla guardando fuori, si vedono gli oggetti nella posizione naturale e capovolti: ed è manifesto che tutti i punti coincidenti che appartengono alle medesime immagini diritte e rovescie, si troveranno nel piano orizzontale che passa per la superficie del mercurio. Un'oncia di questo metallo ed una scatoletta del diametro di un soldo che lo contenga col prisma, formerebbe tutto l'apparecchio.

Ma considerando che le grandi operazioni «esigono macchine di un ordine superiore al livelletto tascabile accennato», egli propose un maggior livello destinato a soddisfare le ricerche più delicate che la Geodesia potesse richiedere. Esso constava di tre parti: il Piede, il Regolatore ed il Cannocchiale, «al quale solidamente sta collegato il perno di rotazione in azimut, e la canna a bolla d'aria».

Spiegazione delle figure 1, 2, 3 che sono il livello, il regolatore, ed il piede .

A, B. Tubo d'ottone che racchiude la canna di vetro, la quale superiormente è divisa col diamante in pollici e linee per indicare le estremità della bolla, e per conoscere il valore delle deviazioni angolari, che nel presente livello sono di tre minuti secondi per ogni linea del piede parigino.
C. Viti che servono a dare un movimento laterale al tubo A, B.
D. Viti che muovono il medesimo tubo d'alto in basso e viceversa.
E, F. Obbiettivo ed oculare del cannocchiale che ingrandisce 30 volte. All'oculare F doppio della forma di Ramsden si può sostituire un oculare quadruplo che mostri gli oggetti diritti.
G. Tubo che porta i fili in croce, il quale oltre il movimento longitudinale per togliere la parallassi gira ancora intorno l'asse ottico mediante due viti a bottone H che premono contro una lamina sporgente in fuori; e con ciò uno de' fili si pone orizzontale.
L. Perno di rotazione in Azimut.
M. Sue viti di correzione.
N. Cono cavo in cui entra il suddetto perno di rotazione.
PQ, RS, TV. Profilo di tre lamine che in piano hanno la forma di croci. Quella di mezzo che è imperniata nell'inferiore coll'estremità delle sue braccia U, riceve un movimento d'altalena dalla vite Y sopra della quale reagisce la molla X. L'altra croce superiore coll'azione della vite Z e della corrispondente molla opposta, prende intorno i poli P, Q un simile movimento d'altalena in senso rettangolare al primo; di maniera che coll'uso delle sole viti Y, Z, si mette prontamente verticale il perno di rotazione in Azimut.
K. Vite d'ottone nel centro del treppiedi sopra della quale si invita il Regolatore.
h . Viti che servono a serrare le gambe triangolari g contro la tavoletta superiore.


Nuova camera lucida e oculare positivo acromatico (1839)

Il 14 ottobre 1839 alla Prima Riunione degli scienziati italiani in Pisa Amici lesse anche una comunicazione intorno a due macchine ottiche da lui recentemente inventate: una nuova camera lucida e un oculare positivo acromatico (cfr. Atti della Prima Riunione degli Scienziati Italiani tenuta in Pisa nell'Ottobre del 1839, Nistri, Pisa 1840,
pp. 49-50). Il pezzo principale della sua nuova camera lucida

è un prisma di cristallo triangolare isoscele, la cui faccia disuguale è più larga delle altre, ed amalgamata a specchio; ed i suoi pregi sono molta chiarezza nelle imagini, e notabile estensione nel campo di vista. Quindi presentando l'Autore anche la Camera Lucida del Wollaston fa rilevare come i notati vantaggi rendano la sua di gran lunga a questa preferibile.

Seguita poi parlando dell'altra sua invenzione, consistente in un oculare della forma di quelli che si chiamano positivi, che ha saputo rendere acromatico coll'uso di due vetri dotati di differente dispersione, mantenendolo capace di abbracciare un angolo visuale quasi doppio di quello che si ha negli oculari comuni. In questo la sparizione dei colori si procura con un eccesso cromatico della lente collocata presso l'occhio, tale da compensare la dispersione inversa dell'altra lente che rimane alla parte dell'obiettivo.


Cannocchiale il cui uso si estende a tutti gli strumenti di Geodesia (1841)

Alla Terza Riunione degli scienziati italiani in Firenze il 16 settembre 1841 Amici mostrò un cannocchiale il cui uso si estendeva a tutti gli strumenti di Geodesia e fece conoscere in qual modo esso potesse servire a rettificare più facilmente il livello (cfr. Atti della Terza Riunione degli Scienziati Italiani tenuta in Firenze nel Settembre del 1841, Galileiana, Firenze 1841, pp. 200-201).

Per comprendere come ciò si ottenga non è superfluo il notare che nel traguardo ordinario, così detto a pinnule, l'asse ottico non soffre deviazione; e che si può, portando l'occhio da un capo all'altro della linda, mirare a due oggetti, e così colla semplice inversione, accertarsi della posizione orizzontale della visuale. Ma giova altresì notare che mediante la linda, la quale non produce alcuno ingrandimento, non si mira ad un punto d'un oggetto con quella precisione che si ottiene facendo uso d'un canocchiale. Perciò il Prof. Amici ha immaginato di porre all'estremità d'un tubo cilindrico due obiettivi uguali, la cui distanza uguagli la somma delle lunghezze focali, e che abbiano nel comune fuoco un reticolo; cosicché sia possibile fare uso di questo tubo o canocchiale (il quale non produce alcun ingrandimento) nello stesso modo della linda, e di guardare da una parte e dall'altra di esso senza cambiare la linea di collimazione. Per ottenere poi quell'amplificazione che può desiderarsi, l'inventore dello strumento congiunge successivamente alle due estremità del tubo un piccolo canocchiale astronomico, cosicché tutto il sistema venga a formare un canocchiale terrestre composto di quattro lenti.


Nuovo microscopio catadiottrico (1842)

Il 26 Settembre 1842 alla Quarta Riunione degli scienziati italiani a Padova Amici comunicò la sua invenzione di un nuovo microscopio catadiottrico (cfr. Atti della Quarta Riunione degli Scienziati Italiani tenuta in Padova nel Settembre del 1842, Seminario, Padova 1843, pp. 448-449).

Schema ottico nuovo microscopio catadiottricoL'obbiettivo catottrico di questo strumento è composto da una rotella di vetro del diametro di mezzo pollice circa, e di grossezza anche minore. Stabilite anticipatamente le distanze alle quali vuol situare l'oggetto da ingrandire ed il fuoco dell'oculare, determina l'inventore con questi elementi la curvatura da darsi alla rotella di vetro per trasformarla nella seguente guisa in piccolissimo telescopio di Cassegrain rovesciato. Lavora cioè una delle faccie di tale rotella in forma sferica come una lente convessa, e rende concava l'altra faccia solamente in una piccola porzione centrale.

Applicando egli una foglia di stagno alle due superficie convessa e concava, ottiene evidentemente due specchi, uno di rimpetto all'altro, come nel telescopio summentovato.

Ora per renderli atti all'ingrandimento microscopico, bisogna che dall'oggetto i raggi arrivino allo specchietto convesso senza rifrangersi all'entrare nel vetro; e quindi riflessi dal convesso al concavo, e da questo respinti verso l'oculare, non si rifrangono neppure all'uscire dal vetro. Per adempiere queste condizioni, forma il cav. Amici nel centro dello specchio maggiore un incavo sferico con raggio di curvatura eguale alla distanza dell'oggetto dallo specchio, e lascia questo incavo pulito senza stagnola; dall'altra parte poi intorno allo specchietto convesso dà alla superficie vitrea una curvatura di raggio eguale alla distanza dell'obbiettivo dal luogo dell'immagine presso l'oculare. Di tal guisa i raggi non soffrendo alcuna rifrazione, ma riflessione soltanto, non vengono a decomporsi, ed il microscopio agisce come se fosse formato di soli specchi metallici. Anzi egli dice che opera più efficacemente, poiché si perde meno luce nella riflessione degli specchi vitrei, e si possono essi costruire con piccolissime dimensioni, senza bisogno d'alcun sostegno che li mantenga centrati, il quale sostegno colla sua opacità toglierebbe parte dei raggi che concorrerebbero alla formazione delle immagini.


Prisma a visione diretta (1857-1860)

Fra il 1857 e il 1860 Amici suggerì al suo aiuto Giovanni Battista Donati un apparecchio col quale eseguire le osservazioni delle strie degli spettri stellari.

«Le difficoltà che si hanno a superare in tal genere di ricerche», scrisse Donati nella Memoria Intorno alle strie degli spettri stellari («Il Nuovo Cimento», Tomo XV-1862, pp. 296-302), «sono principalmente due»:

Apparecchio ideato da Amici per osservare le strie degli spettri stellari. DisegnoIn primo luogo è necessario far concorrere alla formazione degli spettri stellari una gran quantità di raggi, poiché altrimenti (atteso il debolissimo splendore delle stelle) quegli spettri non avrebbero abbastanza luce per essere veduti e studiati. In secondo luogo vi vuole un mezzo per dare a questi spettri una sufficiente altezza: poiché se fossero semplicemente prodotti dai raggi diretti delle stelle (le quali ci appariscono come punti ottici) essi avrebbero un'altezza tanto piccola, che sarebbe difficile e quasi impossibile di riconoscerne e di osservarne le strie. Non starò quì a far la storia di tutti gli apparati che io incominciai a immaginare fino dal 1857 per vincere tali difficoltà; poiché avendo comunicate le mie idee al Prof. G. B. Amici, egli mi suggerì un apparecchio più di ogni altro conveniente al fine propostomi, e col quale ho eseguito le osservazioni che formano il soggetto di questa Memoria.

Per avere la maggior quantità di luce possibile fu impiegata come condensatrice la grande lente ustoria di 41 cm. di diametro e 158 cm. di distanza focale, lasciata al Granduca Cosimo dei Medici da Benedetto Bergans di Dresda nel suo passaggio per la Toscana dopo il 1690, che si conservava nella Tribuna di Galileo del R. Museo. In vicinanza del fuoco della lente era posta una sottile fenditura su cui veniva a raccogliersi un gran fascio di luce che poteva agevolmente venire esaminato dal prisma. Amici immaginò di «porre fra il prisma e la fenditura una piccola lente, il foco della quale corrisponde colla fenditura stessa; e quindi i raggi che partono da questa dopo aver traversato quella piccola lente vanno ad incontrare il prisma, tutti in direzioni parallele [...] Io ho montato questa lente paralatticamente sopra di un piede mobile, come vedesi nella Tav. I. fig. 1 . [...] La figura 2. rappresenta (sopra una scala molto più grande della figura 1.) l'altra parte dell'apparato che contiene il prisma, la fenditura e il cannocchialino con cui si osservano le strie».

L'apparecchio ideato da Amici per osservare le strie degli spettri stellari conservato all'Istituto e Museo di Storia della Scienza di FirenzeIl Prof. Amici, aggiungeva Donati in una nota della stessa Memoria,

per rendere queste osservazioni più comode (facendo sì che più facile sia il puntare alle stelle) ha ora costruito un prisma che offre grandissima dispersione senza deviare l'asse di visione: questo prisma si compone di tre prismi, due dei quali di crown-glass, che ne comprendono in mezzo un terzo di boro-silicato di piombo. Se con questo prisma si guarda direttamente una fessura o linea luminosa, la luce si vede decomposta, e lo spettro presenta le medesime strie che appariscono attraverso un prisma semplice di flint-glass.

Nell' Elogio del Prof. Gio. Battista Amici ricordava poi l'articolo Note sur trois spectroscopes présentés («Comptes Rendus de l'Académie des Sciences», vol. LV-1862, pp. 576-578), nel quale l'astronomo francese Jules Janssen descriveva fra gli altri il prisma composto realizzato da Hoffmann :

Le second instrument est un spectroscope de poche, il est également à vision directe, et forme une très-petite lunette qui peut se replier sur elle-même. Le redressement du faisceau est obtenu au moyen d'un prisme composé construit sur le principe de M. Amici, qui est formé, comme on sait, d'un prisme central en flint très-dispersif accolé à deux prismes de crown à sommets opposés, et qui redressent le faisceau.

A proposito degli spettroscopi a visione diretta, P. Salet scrisse nel 1909 che «Ce système de spectroscope est un de ceux qui ont été le plus employé en Astronomie. Janssen l'à présenté à l'Académie en 1862 et s'en est servi à Rome avec Secchi pour faire des observations de spectres d'étoiles. Ce spectroscope est formé essentiellement d'un prisme d' Amici, c'est-à-dire comprenant deux prismes de crown et un de flint collés avec du baume de Canada et disposés dans l'ordre représenté par la figure 4. L'effet de ce prisme est, en quelque sorte, l'opposé de celui du prisme achromatique, c'est-à-dire qu'il ne dévie pas la lumière des rayons moyens, bien qu'il disperse encore, parce que la dispersion du flint est de beaucoup prédominante. L'opticien Hoffmann porta à cinq le nombre des prismes: deux en flint pesant et trois en crown» (P. Salet, Spectroscopie astronomique, Doin, Paris 1909, pp. 41-42).

Prisma a visione diretta di Amici. Disegno tratto da P. Salet